L’anno in cui tutto cambiò
Il vino è dialettica: esso rappresenta una sorta di scambio, di tensione, tra chi il vino lo produce e chi lo stesso vino lo consuma. C’è un punto, a metà strada tra il momento in cui il vino è imbottigliato e il momento in cui il tappo viene estratto dalla bottiglia, dove esso assume un nuovo significato, che l’enologo non sempre può prevedere e controllare.
Anzi in alcuni casi direi che non riesce proprio a capire.
Il mio relatore della tesi di dottorato amava definirlo the great misunderstaning altrimenti noto come Oceano Atlantico. Si riferiva al fatto che storicamente il mondo accademico americano ha interpretato la letteratura europea in forme nuove ed inaspettate. Diverse chiavi di lettura che, ovviamente, hanno interessato anche la letteratura americana, quando sottoposta alla critica europea.
Questo principio risulta valido anche per il vino europeo che sbarca in America, vittime a loro volta di quella che il grande Harold Bloom ha definito una ‘incomprensione’. Ma cosa c’entra Bloom con il vino? A mio avviso molto. Questi vini, una volta che entrano negli Stati Uniti, vengono reinterpretati dai consumatori in un modo che non coincide con l’intenzione originale del produttore. Culture diverse che danno origine a letture diverse.
Gli americani si sa sono un popolo molto tecnico, come ebbe a dire una volta Dostoevsky. Amano la precisione e la minuzia in quasi tutte le cose. È uno dei motivi per cui amano conoscere gli uvaggi e le relative percentuali di una cuvée (desiderio sistematicamente disatteso dai produttori europei). Gli americani amano anche i vini ‘vineyard designate’, la cui identità nasce in vigna, lasciando alla cantina il solo compito di dar loro forma. Da questa forma mentis deriva probabilmente anche la nostra passione per i ‘single vigna’, certamente preferiti a qualsiasi assemblaggio.
Siamo arrivati al punto (scusate le mie divagazioni!): Nel 1975, molto prima che wine writer e collezionisti di vino americani scrivessero i loro appunti su vini e vigneti, un paio di lungimiranti produttori decisero di realizzare una Barbera d’Asti monovarietale e ‘single vigna’, fidandosi ciecamente della qualità della loro uva.
Anche se non lo sapevano, avevano cambiato per sempre il mondo della Barbera d’Asti.
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