Gianni Doglia è nato a Castagnole Lanze, dove da 25 anni guida l’omonima azienda di famiglia, e una settimana fa è stato premiato dal Gambero Rosso come Miglior Viticoltore dell’anno. «Mi sento onorato, non solo per il risultato personale, ma perché questo premio riconosce in qualche modo il valore di tutto il territorio» dichiara.

Emozionato?

«Moltissimo. Il viticoltore è uno che la vigna la lavora, che la chiama per nome, per questo credo che il premio vada a ricadere, per estensione, su tutto il territorio. Il riconoscimento arriva inaspettato per me, ma certamente meritato per il Monferrato, del quale io cerco di farmi interprete coerente attraverso la coltivazione dei suoi gioielli enologici come il Moscato, la Barbera, il Grignolino e il Ruchè».

Vino e territorio, un connubio che trova una sintesi nel lavoro dei produttori. Il premio è un buon segno per il futuro del Monferrato?

«Credo di sì. La mia azienda sorge proprio al confine con quella bellissima e blasonata parte delle Langhe che, grazie al merito di viticoltori e imprenditori, ha raggiunto grandi obiettivi. Nel Monferrato i tempi sono stati più lunghi, ma credo che l’interesse e l’attenzione per i nostri vini e le nostre colline stiano finalmente raggiungendo traguardi importanti. Il Piemonte è una delle maggiori regioni vinicole in Italia e nel mondo, ma i suoi vini non sono sempre immediati, anzi. Per apprezzarli davvero occorre esercizio e capacità di racconto, ma quello che possono offrire è davvero qualcosa di unico. Il pubblico comincia infatti a rendersene conto con sempre maggiore frequenza e il Monferrato, in questo senso, deve ancora mostrare tante cose di sé».

Parlando da viticoltore, come sta cambiando il pubblico?

«In modo radicale. Pensiamo soltanto ai visitatori in cantina: una volta erano acquirenti che compravano per abitudine e ripetitività, senza preoccuparsi troppo di degustazioni o presentazioni. Oggi è esattamente il contrario, chi viene in cantina si trattiene per assaggiare, ascoltare la storia aziendale, informarsi sul vino e sul territorio. La vendita viene alla fine. Questo deve ricordarci l’importanza di raccontare le nostre realtà, non soltanto a fini strettamente commerciali, ma per coinvolgere il pubblico in una dimensione unica al mondo fatta di saperi, tradizioni e conoscenze».