La Flavescenza Dorata (FD) è una malattia della vite fra le più frequenti e dannose, apparsa in Europa circa sessant’anni fa. Responsabile della patologia è un certo fitoplasma, che si sposta principalmente per mezzo dell’insetto vettore Scaphoideus Titanus; tali insetti possono assorbirlo depositandosi sulle piante infette e trasmetterlo conseguentemente alle piante sane. La sua diffusione è pertanto celere e gli effetti sono quelli di causare danni gravissimi alla vite europea, con la conseguente necessità di attivare una lotta obbligatoria contro il vettore e il conseguente espianto delle piante infette.
La diffusione della malattia in Piemonte è iniziata nelle zone di Monferrato, Roero e Tortonese, ma negli ultimi anni anche le Langhe ne sono risultate sempre più colpite. Il progetto INTEFLAVI, partito nel 2014 e sostenuto attivamente dal Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, ha affrontato con un approccio scientifico e integrato questi aspetti, lavorando specificamente sulla rete costituita da pianta, vettore e fitoplasma.
Dalla circostanziata relazione conclusiva è possibile trarre qualche approfondimento sui contenuti: «Nel progetto si sono confrontate piante sane e infette in campo e in condizioni controllate e si sono misurati i cambiamenti metabolomici, trascrittomici ed epigenomici nelle piante indotti dall’infezione. Nelle piante in condizioni controllate sono stati effettuati trattamenti di stress e si è verificato il loro effetto sul processo di recovery. È stata verificata la possibilità di coltura axenica del fitoplasma e sulla base di dati di sequenziamento genico sono stati sviluppati nuovi marcatori molecolari. Con l’ausilio di questi ultimi si è proceduto a una mappatura dei percorsi spaziali e temporali di diffusione del fitoplasma nel vettore e nelle piante. È stata analizzata la capacità del fitoplasma di infettare piante già soggette a recovery anche in conseguenza a cambiamenti epigenomici. Sono stati selezionati simbionti dell’insetto potenzialmente in grado di limitare la sua infettività sulla vite».
Il lavoro ha messo a punto di nuovi marker genetici; ha definito l’epidemiologia dell’infezione; ha individuato nuove tecniche di limitazione della malattia, basate sul controllo dell’infettività del vettore, sull’uso di materiale più resistente, sull’induzione di stress abiotici sul vigneto; ha determinato le componenti molecolari legate ai fenomeni di resistenza e recovery e relativo uso come target di interventi di controllo.
Un processo conclusosi dopo tre anni, nel 2017, che ha registrato l’impiego di tecnologie innovative e che si è svolto in serra per riprodurre e monitorare in condizioni protette gli sviluppi dell’intero iter. Il lavoro, organizzato e arricchitosi di un cospicuo numero di collaborazioni e contributi, ha potuto esprimere tutto il suo potenziale scientifico di ricerca nella stesura di articoli e nella realizzazione di convegni dedicati, aprendo altre linee operative che continuano a sollecitare lo studio in questa direzione.